Diecimila contadini riuniti in convegno a Castelleone. Arrivano dal cremonese, dal cremasco e dalle province vicine. E’ il 1 maggio 1920. A guidarli è Guido Miglioli, leader carismatico delle Leghe bianche che qui hanno la loro roccaforte. Giusto alcune settimane prima, durante un incontro pubblico tenuto sempre a Castelleone, il deputato illustra le linee guida di una proposta di legge destinata, se approvata, a cambiare radicalmente il volto nei rapporti fra agrari e salariati agricoli. Il clima è tesissimo: i proprietari terrieri accusano Miglioli di voler “proletarizzare le aziende” superiori ai 25 ettari; i contadini migliolini vedono invece in quella proposta, che basa le proprie prerogative sulla “compartecipazione aziendale”, la via da seguire per vincere fame e miseria, riscattando una condizione sociale precaria. Gli scioperi sono alla porta e il rischio di tumulti si fa sempre più concreto in tutto il Cremonese. La cronaca dell’adunanza è riportata nel diario di don Gioachino Bonvicini, pubblicato nel 1975 dalla SugarCo Edizioni con il titolo: Memorie di un parroco cremonese. Frasi convulse, quelle del sacerdote, che lasciano trasparire per intero la sua montante preoccupazione
Oltre 10 mila contadini adunati in convegno a Castelleone reclamano la terra coll’11 novembre 1920. Cantano: Vogliam le fabbriche, vogliam la terra. Ma senza guerra, ma senza guerra! Vogliam le fabbriche, vogliam la terra, e senza guerra si vincerà! E gridano Bandiera Bianca!
Mentre i socialisti hanno la bandiera rossa e vogliono il comunismo. Cioé che la terra sia dello stato, i contadini devono lavorare con la paga senza lusinga d’interesse per la maggior produzione quindi i contadini restano militarizzati. Ammettono però anch’essi la cooperativa del lavoro e ne hanno già stabilite specialmente colle terre degli ospitali. Dopo pagato ogni cosa la somma che avanzerà si dirà il capitale della società ma non verrà distribuito ai singoli contadini ma si adopererà per altre operazioni. Ora vi è una lotta tremenda tra il socialista e il Partito Popolare che dicono cristiano. I preti sono i più bersagliati dai socialisti, quante calunnie inventano contro di essi, quante ingiurie ancora personali. Ma niente paura ed avanti! Questi contadini sono tutti del Partito Popolare italiano (cioé cristiano non socialista). L’avv. Miglioli è il loro deputato principale. Il Miglioli è cristiano educato nel collegio salesiano di don Bosco a Torino. E si è dichiarato cristiano anche nella camera dei deputati.
Don Bonvicini, parroco di Ognissanti (frazione di Pieve San Giacomo), annota i fatti nel suo diario il giorno 8. Questo perché deve aver letta la notizia su qualche organo di stampa. Il Popolo di Cremona (1), infatti, lo stesso giorno riporta la seguente corrispondenza che ha per oggetto la manifestazione castelleonese
Da ogni parte si levano inni. Da ogni via, squadre di giovani, arditi dell’idea, accorrono cantando Bandiera Bianca. Corte Madama lancia il suo drappello. Fiesco, audace, è scesa col suo gruppo vorticoso. Pizzighettone ha in testa al corteo la sua valente banda che squilla la comune letizia. E Trigolo, avanguardista, pure colla bandiera alla bersagliera... Oh! L’innumere e immensa folla su cui sventola un’unica fede, un’unica bandiera: bandiera bianca.
In pase, dunque, vi sono diecimila contadini tutti appartenenti alle Leghe Bianche. L’intesa con le Leghe Rosse è ancora lontana: sarà siglata solo il 10 marzo 1922, successiva alla netta ostilità palesata dagli agrari nei confronti del Lodo Bianchi. Miglioli, parlando di quegli accadimenti, anni dopo nel suo “Con Roma e con Mosca” scrive:
Questa era la terra designata per un nuovo esperimento, poiché i contadini bianchi, specie i giovani ed i reduci dalla guerra, con una dignità e personalità nuove, non si accontentavano più di aumenti salariali, che erano l’obiettivo principale dell’azione socialista. Essi volevano guadagnarsi una nuova posizione giuridica e morale nell’azienda, dove versavano il loro sudore, e perciò fecero propria questa parola d’ordine lanciata dalle organizzazioni cristiane: l’agricoltore non più padrone; il contadino non più salariato. Una agitazione imponente piegava gli agrari più restii all’accettazione di tale principio, da tradursi in atto col San Martino (11 novembre) del 1920, mediante un contratto collettivo a struttura associativa tra conduttori e lavoratori.
Ma il corso della storia in quei giorni piega bruscamente verso ben altro sentiero.
(1) vedi: Padania. Il mondo dei braccianti dalla fine dell’Ottocento alla fuga delle campagne, prof. Guido Crainz, Donzelli 1994
Nessun commento:
Posta un commento