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giovedì 21 aprile 2011

L'Isola che non c'è (più)

L’Isola Sonante, oggi, è assai diversa da quella descritta da Virgilio Brocchi nei primi decenni del Novecento. Resta il luogo, non parecchi dei suoi luoghi calpestati senza tener troppo conto del passato e delle storie che essi raccontano. Sono cambiati nomi, profili, volti delle persone; spesso è stata vilipesa la toponomastica, il cordone ombelicale che lega gli appartenenti ad una comunità alla propria madre terra, ed è stata offesa pesantemente l’urbanistica, stravolta nelle linee e svuotata nei contenuti. Insomma, tutto fa blob. Ma anche blog. E questo non può che iniziare il suo cammino sul filo della memoria prendendo a prestito le parole usate da Brocchi nel descrivere i primi passi di un altro viaggio: quello di don Corrado Rangoni nella sua Isola.

“Quando scese dal treno alla stazione dell’Isola erano le undici; un ragazzo scamiciato e scalzo si lanciò per prendergli la sacca: egli lo respinse: rispose di no col capo all’unico vetturino che lo invitava con la frusta, dalla cassetta della sua carrozza sgangherata; e prese il viale soffocato dalla polvere, tra due file di platani mutilati orrendamente, impennacchiati qua e là da qualche getto di foglie germoglianti dai monconi dei rami rescissi: una lampadina elettrica era rimasta accesa nel sole melanconicamente tra un ronzio incerto di campane e il frinire incessante delle cicale, a cui rispondeva il gracidio delle raganelle dalle campagne silenziose che si stendevano oltre i fossati, a destra e a sinistra, scapigliate di frumento, irte di granoturco, verdi ed umide di prati, appena velate da cortine di robinie su cui svettavano pochi pioppi alti e sottili”.

Del romanzo, scritto nel 1911, possiedo una ristampa del 1925 pubblicata dalla “fratelli Treves editori” di Milano. Il volume, a quel tempo, costava 12 lire (13,20 per chi lo acquistava fuori Milano). Brocchi si è spento esattamente mezzo secolo fa. Già da un pezzo, la sua Isola, da Sonante si era trasformata nell’Isola che non c’è. Più.

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