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giovedì 21 aprile 2011

Guerrino, l'ultima corsa

Il prossimo 5 ottobre saranno trascorsi già 70 anni. Guerrino Valesi, castelleonese, promessa del ciclismo, dilettante scelto, campione d’Italia a squadre nel 1939 con il Gruppo Rionale Fantarelli perse la vita in quel 5 ottobre del 1941. A Casalecchio di Reno si correva la nona edizione della Coppa Masetti. Valesi finì contro le stanghe di un carretto trainato da un mulo, cadde rovinosamente al suolo e si ferì mortalmente. A nulla valsero gli sforzi dei soccorritori e la corsa con l’autolettiga verso l’ospedale di Bologna. Il castelleonese non riprese conoscenza e spirò di lì a poco. Ecco come il quotidiano romano il Littoriale del 6 ottobre riporta la notizia della tragica scomparsa del giovane ciclista.
L’articolo è in ottava colonna ed è intitolato:

“Il Gr. Pr. Masetti è vinto da Guizzardi” – Mortale incidente a Guerino Valesi"
Di seguito la corrispondenza.
“CASALECCHIO DI RENO – Il Gran Premio Masetti, che si è disputato per la nona volta, è stato funestato da un grave incidente che è costato la vita al dilettante scelto cremonese, tesserato per l’Unione Sportiva Azzini di Milano, Guerino Valesi. Lo sfortunato corridore dopo una trentina di chilometri, mentre procedeva al comando della corsa con Pellicciari, Degli Innocenti, Lelli e Cervellati, andava a battere violentemente contro una stanga di un carretto trainato da un mulo, abbattendosi a terra esanime. Trasportato all’ospedale di Bologna, moriva sull’autolettiga prima di arrivarvi. Valesi era conosciuto negli ambienti ciclistici nazionali: fu tra i primi ad essere qualificato dilettante scelto a riconoscimento delle sue ottime prove. Aveva vinto numerose corse e fece parte della squadra del Gruppo Rionale Fantarelli di Cremona che si aggiudicò lo scorso anno la Coppa Italia (in realtà si tratta di un errore: la vittoria è del 4 giugno 1939).
La gara, che ha visto alla partenza 29 corridori, è riuscita non molto movimentata, Dopo la salita di Mongardino e Serravalle il gruppo si è ricomposto numeroso. Ecco l’ordine d’arrivo: 1. Guizzardi Athos, Ciclistica Corridoni di Bologna, km 142 in ore 4,11 media km 33,944. 2. Degli Innocenti, Sc Felsinea. 3. Rossi Gino Uc Italia di Parma. 4. Patti, Sc Raggi. 5. a parità Cervellati, Mottini, Gualandri, Bosi, Polucci. Seguono altri col tempo del vincitore”.

L’epopea di Valesi meriterebbe un approfondimento biografico. Il castelleonese, cresciuto nella Cremasca e successivamente passato al Fantarelli e all’Azzini di Milano, corse al fianco di alcuni grandi campioni della sua epoca. Compresi Bartali e Coppi. Stando ai documenti che sono riuscito a recuperare, accadde ciò almeno una volta: il 7 settembre dello stesso 1941, nella seconda edizione della Coppa Marin. Quel giorno vinse Bartali. Ma questa è un’altra storia. Ancora tutta da raccontare.

I folletti dell'Albarell

I poeti, sull’Isola, non sono mai mancati. Alcuni di spessore e rango, altri semplici manovali della rima baciata. Tutti con un tratto distintivo comune: il forte legame con il proprio paese. Ma il poeta castelleonese per antonomasia resta Amos Edallo. Di lui tutto è stato detto e scritto. Nel centenario della sua nascita, nel 2008, le amministrazioni comunali di Castelleone e Crema hanno dato alle stampe una pubblicazione che ripercorre le tappe della sua estesa opera professionale ed artistica. Non manca, naturalmente, un’antologia poetica. Qui ripropongo El fulètt, tratta dal volume: Castiglion de na olta. Forse non la migliore di Edallo, ma quella che sento più intima: per il luogo che racconta – a l’Albarell sono cresciuto, giocando in strada interminabili partite di pallone talvolta interrotte solo dal rumore dei vetri delle case che andavano i frantumi per qualche maldestra pedata o a causa della giusta severità di Tiranti, il vigile in bicicletta, spauracchio di tutti noi, ultimi mohicani della generazione di via Paal - e perché, in fondo, ai folletti non ho mai smesso di crederci.

El fulètt

Me ricorde che ‘n de na ca
lé ‘n fund a l’Albarell
gh’era ‘l fulètt.

De nascost
de nott
quand gh’era niseun
‘l metia arguta ‘n di paion del lett,
en peten rutt en de ‘l casett,
‘l tiraa fura teuta la roba de i armare.

La zent a trope la curia a èt
a cumentà
Chéi de ca,
por diaui,
nu i gh’era che scapà.

A furia de benedisiòn
cul temp
‘l fulett el se la càa.
Dopo ‘n pò de temp
amò,
‘l turnàa.

Ades cu ‘l prugress
par che ghe ‘n sae peu de fulètt.
Ei prope sparit del teut?

Me pude mia giurat:
sta atènt a ii ricurdat
stanott i vegnarà a truat.

(Amos Edallo, Castiglion de na olta)

L'Isola che non c'è (più)

L’Isola Sonante, oggi, è assai diversa da quella descritta da Virgilio Brocchi nei primi decenni del Novecento. Resta il luogo, non parecchi dei suoi luoghi calpestati senza tener troppo conto del passato e delle storie che essi raccontano. Sono cambiati nomi, profili, volti delle persone; spesso è stata vilipesa la toponomastica, il cordone ombelicale che lega gli appartenenti ad una comunità alla propria madre terra, ed è stata offesa pesantemente l’urbanistica, stravolta nelle linee e svuotata nei contenuti. Insomma, tutto fa blob. Ma anche blog. E questo non può che iniziare il suo cammino sul filo della memoria prendendo a prestito le parole usate da Brocchi nel descrivere i primi passi di un altro viaggio: quello di don Corrado Rangoni nella sua Isola.

“Quando scese dal treno alla stazione dell’Isola erano le undici; un ragazzo scamiciato e scalzo si lanciò per prendergli la sacca: egli lo respinse: rispose di no col capo all’unico vetturino che lo invitava con la frusta, dalla cassetta della sua carrozza sgangherata; e prese il viale soffocato dalla polvere, tra due file di platani mutilati orrendamente, impennacchiati qua e là da qualche getto di foglie germoglianti dai monconi dei rami rescissi: una lampadina elettrica era rimasta accesa nel sole melanconicamente tra un ronzio incerto di campane e il frinire incessante delle cicale, a cui rispondeva il gracidio delle raganelle dalle campagne silenziose che si stendevano oltre i fossati, a destra e a sinistra, scapigliate di frumento, irte di granoturco, verdi ed umide di prati, appena velate da cortine di robinie su cui svettavano pochi pioppi alti e sottili”.

Del romanzo, scritto nel 1911, possiedo una ristampa del 1925 pubblicata dalla “fratelli Treves editori” di Milano. Il volume, a quel tempo, costava 12 lire (13,20 per chi lo acquistava fuori Milano). Brocchi si è spento esattamente mezzo secolo fa. Già da un pezzo, la sua Isola, da Sonante si era trasformata nell’Isola che non c’è. Più.